C'ERANO UNA VOLTA GLI ISTITUTI MISSIONARI...

15 Ottobre 2017

DOSSIER SPECIALE DELLA RIVISTA “MISSIONE OGGI” PER IL FESTIVAL DELLA MISSIONE

A cura di MARIO MENIN

“C’erano una volta gli Istituti missionari…” è il titolo del dossier, ideato dalla rivista “Missione Oggi”, dei Missionari Saveriani, per il “Festival della Missione”, celebrato a Brescia nei giorni 12-15 ottobre 2017.

Con esso si vuole indicare la fine di una stagione della missione, quella eurocentrica, coloniale, che ha visto protagonisti gli Istituti missionari. Oggi gli Istituti missionari si misurano oggi con la missione dappertutto: da ogni luogo verso ogni luogo.

Questa globalizzazione della missione – da cosa da fare ai confini della Chiesa a principio capace di riformarla tutta – genera incertezza negli Istituti missionari, proprio mentre devono fare i conti al loro interno con un drastico calo di vocazioni nei paesi di origine e con la sfida dell’interculturalità in comunità quasi sempre internazionali.

Ne parlano in questo dossier una decina tra superiore e superiori generali di altrettanti Istituti maschili e femminili. Tutti ammettono la crisi, ma la leggono come un segno dei tempi, un’opportunità di rinnovamento dell’ad gentes. Sr. Luigina Coccia, superiora generale delle Missionarie Comboniane, dice che la missione oggi significa “osare la mistica dell’incontro”. Mentre p. Stefano Camerlengo, superiore generale dei Missionari della Consolata, propone agli Istituti di lavorare insieme, per una “missione condivisa”, a tutti i livelli.

Senza tirare i remi in barca, gli Istituti sono piuttosto provocati a un sussulto di vitalità. Soprattutto in un tempo in cui a Roma papa Francesco sogna di smuovere missionariamente le acque di tutta la Chiesa.

Chi meglio degli Istituti missionari può aiutarlo a realizzare questo sogno, seppure in modo diverso dal passato? Sarebbe paradossale che nel momento di maggior bisogno, la Chiesa italiana rischiasse di cercare la sua bussola missionaria senza l’aiuto delle sue forze missionarie migliori.

Gli Istituti non possono ridursi alla semplice “conservazione” (case per le necessità istituzionali e per l’assistenza degli anziani e malati). Sarebbe la loro morte.